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La tassa per il mercato dell'arte apre un nuovo fronte tra UE e Gran Bretagna

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Ci si avvia ad una guerra totale tra Gran Bretagna ed Europa? Viene da porsi la domanda pensando alle ultime mosse compiute dal governo guidato da Cameron (che pure hanno provocato una mezza crisi diplomatica con l'alleato liberaldemocratico). Il mercato dell'arte inglese, infatti, si trova in stato...

Ci si avvia ad una guerra totale tra Gran Bretagna ed Europa? Viene da porsi la domanda pensando alle ultime mosse compiute dal governo guidato da Cameron (che pure hanno provocato una mezza crisi diplomatica con l’alleato liberaldemocratico). Il mercato dell’arte inglese, infatti, si trova in stato di agitazione a causa di una nuova tassa sulle opere moderne e contemporanee che dovrebbe entrare in vigore dopo la mezzanotte del 31 dicembre. Ogni vendita sopra le 840 sterline, dovrebbe essere assoggettata a questa tassa, con un 4% del valore complessivo che andrebbe a eredi e beneficiari di ogni autore morto entro gli ultimi 70 anni. Si tratta del resto di un balzello già in vigore in Europa dal 2006, senza aver creato sconquassi o effetti negativi sul mercato. Bisogna però ricordare che proprio Londra è la più importante piazza del Vecchio Continente, forte di un 58% delle compravendite europee, che gli consente di competere con gli altri centri mondiali di riferimento come New York, Hong Kong e Ginevra. Sino ad oggi è in vigore la deroga ottenuta sei anni fa da Tony Blair, che imponeva ai britannici di pagare una quota soltanto per un fondo dedicato agli artisti viventi, ma dal primo giorno del nuovo anno essi dovranno piegarsi alla normativa europea che, però, trova contrari, e con molta decisione i 10mila soci della Federazione britannica arte e mercato. A favore della normativa, si sono invece dichiarati Damien Hirst, il più ricco artista inglese vivente e la Società del copyright di arte e design, la quale raccoglie appunto le quote per gli artisti viventi in Gran Bretagna. Fonti interne alla Società, fanno notare come con la fine della deroga il fondo passerebbe dagli attuali tre milioni di sterline annui a 12. Probabilmente, però, il vero problema non è questo, visto che si tratta di cifre minime, ma un fondo di antieuropeismo che sta salendo vigorosamente in strati sempre più ampi della società britannica.

Damien Hirst